27 maggio 2020

IN ATTESA DELLA PENTECOSTE (3)

Dobbiamo invocare lo Spirito Santo. Attenderlo come Maria e gli Apostoli nel Cenacolo. Facciamoci provocare dalle parole di don Torresin.

La messa è il centro, ma non nel senso di essere l’unica forma celebrativa che ingloba e sostituisce le altre.

Mi pare che qualcosa del genere stia succedendo nelle nostre parrocchie. Le chiese vuote potevano essere un segno e non solo un incidente accidentale. Un vuoto che, come ogni mancanza, è capace di accendere il desiderio, di aprire varchi alla parola. Un vuoto che non va subito colmato, saturato, perché ci parla.

Ho come l’impressione che questo ritorno repentino alla celebrazione abbia funzionato come un meccanismo di saturazione compensativa. Adesso «tutto torna come prima», come se prima andasse tutto bene, come se questa frattura fosse solo da dimenticare. Non l’abbiamo interrogata, non l’abbiamo fatta parlare abbastanza, e invece aveva qualcosa da dirci. (Antonio Torresin)

È questa una grande provocazione. Tutto torna come prima, come se prima tutto andava tutto bene.

Personalmente mi sono accorto che le nostre Messe erano malate di sveltezza. Travolte dal nostro quotidiano vorticoso. La Messa, la preghiera, in genere la vita spirituale è un vortice. È la differenza che c’è tra un purè di patate fatto con la bustina Knorr o fatto con le patate lesse e poi mantecate con il latte e il burro!

In questi 90 giorni, abbiamo o non abbiamo scoperta nella lentezza, la bellezza delle cose, anche della preghiera, di quel tempo preso per pregare con calma. Come celebrare con calma l’eucarestia dandogli tutti gli spazi e i silenzi che la sveltezza aveva eliminato. Cosa abbiamo imparato e cosa ci ha detto il Signore in questi 90 giorni che non dobbiamo dimenticare?

La Parola di Dio di oggi è il continuo del discorso di ieri. Paolo mostra di essere un uomo di grande fede e che questa fede lo ha reso un grande uomo, di profonda umanità. È questo connubio che suscita il pianto nei suoi uditori.

Una frase tra tutte. Vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l'eredità…

In essa ritorna quella grandezza di umanità e di fede che sono Paolo. Quelle persone che lui ha istruito nella fede e ha condotto per mano, sono del Signore, è Dio che porta a termine e dona il premio.

Uno stile importante. Uno stile da avere in mente. Le nostre opere non sono il Regno, la salvezza, ma costruito l’opera di Dio, ma partecipano nell’edificazione.

Preghiamo perché il Signore ci liberi dall’autoreferzialità e dall'individualismo.

Vieni, Santo Spirito…

O luce beatissima,

invadi nell'intimo

il cuore dei tuoi fedeli.   

 

Senza la tua forza,

nulla è nell'uomo,

nulla senza colpa.


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