9 novembre 2012

San Rocco e la Beata Elisabetta Cadez





Beata Elisabetta della Trinità

Elisabetta Cadez (Camp d'Avor, Bourges, Francia, 18-6-1880 - Dijion, 9-11-1906) entrò tra le Carmelitane Scalze di Dijion nel 1901. Beatificata da Giovanni Paolo II il 24-11-1984, è una delle figure più note della spiritualità contemporanea. Col suo esempio e con la sua dottrina, da anni esercita un influsso sempre in aumento, dovuto soprattutto alla sua esperienza trinitaria e ai suoi brevi scritti (note spirituali, corrispondenza) densi di dottrina ed eco della sua comunione con le Tre Divine Persone.
Umile pura, ricca di intelligenza aperta a tutte le bellezze della grazia, della natura e dell'arte, alla scuola di s. Paolo, di s. Teresa d'Avila e di s. Giovanni della Croce, imparò la lezione dell'amore ai "Tre" - secondo l'espressione che le era cara - e insieme le leggi della corrispondenza a tale amore. Silenzio e raccoglimento, contemplazione illuminata del mistero Trinitario, docilità generosa alle minime ispirazione, fedeltà incondizionata alla volontà di Dio nella sua vocazione carmelitana... la formarono ad una vita di dedizione che in breve raggiunse alta perfezione.
Aderendo all'anima di Cristo, in Lui e con Lui si elevò alla Trinità, della quale volle essere laudem gloriae, cioè un'anima "che adora sempre e, per così dire, è tutta trasformata nella lode e nell'amore, nella passione della gloria del suo Dio". Questo orientamento spirituale, fondato sulla convinzione di fede dell'inabitazione divina, fu la grazia della sua vita.
La grazia della coscienza quasi ininterrotta dell'inabitazione della Trinità l'accompagnò negli ultimi anni della vita, fortificandola e sostenendola nel periodo di martirio che la doveva "configurare alla morte di Gesù, trasformarla in Lui crocifisso", per la gloria del Padre e per la Chiesa.
Animata da tali certezze, sorretta da un amore sempre più vivo e teologale per la Vergine Immacolata - "la grande lode di gloria della Trinità", come definiva la Madonna -, morì mormorando quasi in tono di canto: "Vado alla luce, all'amore, alla vita". Era il 9 novembre 1906. Elisabetta aveva 26 anni.




Dagli Scritti della Beata Elisabetta della Trinità:
“Anche in Carmelo abbiamo molta devozione a San Rocco. Il giorno della sua festa abbiamo fatto una processione per tutto il monastero. Se poteste assistere ai nostri Uffici in un angolino! Sono così belli i gironi di festa; fanno pensare al cielo”. (Digione, 30 agosto 1901)

21 ottobre 2012

Dopo la morte





L'apertura del Processo di Canonizzazione di San Rocco è fatta risalire al 1377 ad opera del Papa Gregorio XI, che si trovava ancora ad Avignone. Per la verità, non esistono documenti della formale Canonizzazione di San Rocco: il 14 luglio 1590 l'ambasciatore veneto a Roma, A. Badoer, scriveva al Doge Pasquale Cicogna che Papa Sisto (1585-1590) aveva intenzione di canonizzarlo "ovvero di levarlo dal numero dei Santi": questo forse per non riconoscere una "certa" canonizzazione fatta dall'antipapa Giovanni XXIII (1410-1415). Ma la santità di San Rocco fu sicuramente riconosciuta "De Consensu Ecclesiae": culto immemorabile che Papa Urbano VIII approvò con decreto solenne nel 1625. Ma, secondo il Diedo fu già nel 1414 che a Costanza, in occasione dell'apertura del Concilio, che, scoppiata una pestilenza, i Padri conciliari invocarono la protezione di San Rocco, recandone l'immagine in solenne processione e ottenendone la protezione.

Sul giorno della sua festa liturgica, il 16 agosto, si fa l'ipotesi di un inizio nel 1440 a Montpellier, dove dal 1421 esisteva una cappella in onore del santo. Il Martirologio Romano del 1678 reca il suo nome per la festa di tale giorno.

Martirologio Romano, 16 agosto: In Lombardia, san Rocco, che, originario di Montpellier in Francia, acquistò fama di santità con il suo pio peregrinare per l’Italia curando gli appestati.

MOLISE, Isernia, Montaquila





FESTA: 16 agosto
TITOLO: patrono
OPERA: moderna
LUOGO: San Rocco al monte

20 ottobre 2012

In carcere





Rocco, guarito miracolosamente, opera ancora per qualche tempo in Piacenza, che è nuovamente colpita dalla peste, per poi riprendere il suo cammino teso a sollevare altre sofferenze: servirà i malati anche a Novara risalendo poi verso nord e, giunto presso Angera (o Voghera o Montpellier), è arrestato col sospetto di essere una spia e rinchiuso nella fortezza della Rocca. Vi trascorre cinque terribili anni, in un'unione sempre più profonda con quel Dio che da sempre cercava. Lo straordinario comportamento di dolcezza, di preghiera, di umiltà, varcò le cupe mura del carcere, diffondendo nei paesi circostanti la convinzione che quel prigioniero fosse un santo. Al termine di questo periodo Rocco lascia questo mondo per entrare nel Regno dei Cieli. Nel momento della morte (1376-79) tutte le campane della città iniziano da sole a suonare a distesa: è questo l'ultimo prodigio che il Signore fa per il suo servo fedele. I miracoli che avvengono sulla sua misera tomba suscitano l'interrogativo circa le origini di questo pellegrino e ben presto viene riconosciuta la sua appartenenza alla nobiltà di Montpellier.




Il corpo di San Rocco è giunto a Venezia nel 1485: il 13 marzo il Patriarca Maffeo Girardi comunicò al Consiglio dei Dieci l'avvenuta traslazione delle reliquie (da Voghera) e certificò la loro autenticità. Non avendo ancora la Confraternita una sede definitiva, il corpo fu deposto provvisoriamente prima nella chiesa di San Geminiano, poi nell'antico Palazzo dei Patriarchi presso la Chiesa di San Silvestro. Una volta ultimata la Chiesa vicino al Convento dei Frari, la preziosa reliquia vi fu trasferita il 3 marzo 1490.
Secondo Corner, il recupero delle spoglie di San Rocco è dovuto al monaco camaldolese Mauro che, per sciogliere un voto e su richiesta del Guardian Grande della Scuola, Tommaso di Alberti, si reca a Voghera, nel castello del conte Pietro dal Verme e riesce non senza peripezie a trafugarle e a portarle a Venezia. La descrizione dell'avventurosa impresa, riportata ampiamente da F. Tonon alle pagg. 28-29 del Quaderno N. 5, è conservata nell'Archivio della Scuola ("Atti del riconoscimento del corpo di San Rocco, busta "Corpo di San Rocco - Atti storici e biografici - N. 7 antico"). Secondo Gallicciolli invece (v. G. Soravia, p. 15 n.), il cadavere, con l'accordo del prevosto di Voghera, venne venduto dal conte al frate, un pessimo soggetto, che per facilitarne il trasporto infierì su di esso spezzandone le ossa, per poi venderlo ai governatori della Scuola. Secondo Brunetti, protagonisti dell'impresa sono stati alcuni veneziani infiammati dalla lettura del Diedo. La presenza delle spoglie del Santo a Voghera, anziché a Montpellier dove sarebbe stato sepolto, è problema a sua volta di non facile soluzione. E. Fusaro riporta al riguardo fonti del tardo Seicento e del primo Settecento, secondo le quali questa prima traslazione sarebbe stata operata non si sa in quale epoca da non meglio identificati soldati o commercianti: versione a cui però il Fusaro ne aggiunge altre, secondo cui la traslazione del Santo a Venezia sarebbe avvenuta non da Voghera, ma direttamente da Montpellier ad opera di dodici veneziani. Secondo un'altra tradizione che si fa risalire al Sansovino, il corpo di San Rocco "fu portato di Germania da alcuni mercatanti tedeschi".

19 ottobre 2012

Il cane di San Rocco






Gli uomini trattano Rocco "come un cane", ed è proprio un cane che riscatta la categoria trattando Rocco "come un uomo". Il cane in questione (che la tradizione vuole si chiamasse "Reste") fa parte della muta del nobile Gottardo Pallastrelli, signore del castello di Sarmato; un giorno Gottardo vede il suo cane prendere un pane dalla tavola e scappar via. La scena si ripete per più giorni e allora il padrone, incuriosito, lo segue e scopre così il rifugio di Rocco al quale, malato e sofferente, il cane porta il pane rubato. Il nobiluomo prende Rocco con sè e lo cura. La santità di Rocco è contagiosa come la peste: Gottardo rinuncia ai suoi beni e presta il suo servizio ai malati. Gottardo è il primo "discepolo" di San Rocco.

18 ottobre 2012

L'ora della prova





Mentre presta servizio in un ospedale a Piacenza, in sogno gli compare un angelo che, in nome di Dio, gli dice:"Rocco, per amor mio hai patito tanti disagi... Ora dovrai soffrire i tormenti e gli strazi del corpo". Rocco si sveglia divorato dalla febbre: è appestato. Ricoverato in ospedale attende la morte; ma i giorni passano, la morte non sopraggiunge e le sofferenze aumentano. Gli altri malati, guariti da Rocco, non sopportano più la sua presenza; allora egli lascia l'ospedale. S'incammina verso la campagna, respinto dal popolo che prima egli aveva guarito. Si rifugia in una casupola abbandonata, vicino ad una sorgente; al cibo provvederà il Padre celeste in modo singolare.

17 ottobre 2012

Rocco infermiere





Rocco si reca nelle città colpite dal morbo e, spinto da sentimenti di compassione, chiede di essere ammesso al servizio dei malati. L'ospedale di allora non aveva ambienti lindi, sale operatorie sterilizzate, stanze ariose e luminose in cui l'igiene fosse scrupolosamente curata; no, erano o stanzoni o capannoni costruiti fuori delle città in cu i malati venivano semplicemente depositati per limitare il contagio nella città e ffidati alla pietà di confratelli delle varie congreghe di carità che volontariamente prestavano questo rischiosissimo servizio; chi aveva il soprannaturale coraggio di buttarsi nella bolgia di questi ambienti in tempo di peste veniva accolto a braccia aperte. Rocco inizia così la sua nuova attività di infermiere. Egli, da campione di Dio, non va a combattere con mezzi umani il male, ma con la potenza della fede e dell'amore; il Signore gli concederà il dono di guarire gli ammalati che egli segnerà sulla fronte benedicendoli con una particolare formula. Rocco esce dall'ospedale e va per i fondaci, per le strade, per le case già segnate dalla morte; tutti avvicina e tutti guariscono. Quando la gente, scomparsa la peste, va in cerca di Rocco per portarlo in trionfo, lui scompare, si avvia verso altri paesi infestati dal terribile morbo. Giunge anche a Roma dove vi sconfigge la peste; vi resta tre anni ma, giuntagli notizia che nel nord Italia dilaga di nuovo l'epidemia, lascia la Città Eterna per andare a prestare soccorso ai suoi fratelli appestati, il suo operato si concentra a Piacenza, città particolarmente colpita.

16 ottobre 2012

La peste nera





La peste nera era scoppiata in Asia e poi si diffuse in Europa portata dai pellegrini di Terra Santa e ancor più dalle navi delle Repubbliche Marinare che avevano scambi commerciali con l'oriente; Pisa e Genova furono le prime città ad esserne colpite: di lì il flagello passò al resto d'Italia e d'Europa. Il morbo si sviluppa in modo veloce ed inarrestabile; uno scrittore del tempo così descrive la malattia: "Il corpo brucia in una febbre altissima ed è riarso da una sete divorante e insaziabile. L'occhio si intorpidisce, la voce si fa rauca e il respiro diventa difficoltoso. Un continuo vomito scuote il malato in conati atroci. La pelle si annerisce e diventa viscida emettendo da tutti i pori un fetore insopportabile. L'appestato muore tra indescrivibili convulsioni". Abbiamo parlato della peste per comprendere la grandezza dell'opera di San Rocco a favore degli appestati e quali atroci sofferenze dovrà a sua volta patire quando il morbo lo colpirà presso Piacenza.

15 ottobre 2012

I pellegrini nel Medio Evo





Le vie d'Europa erano allora percorse da moltissimi pellegrini che, o per adempiere un voto, o per lucrare indulgenze, o per un semplice proposito di santificazione, si mettevano in viaggio, fidando nell'aiuto di Dio e nella carità dei fratelli. Avevano un abito caratteristico: un mantello, una bisaccia per le elemosine, un cappello a larghe falde, un lungo bastone alla cui impugnatura era legata una zucca vuota per l'acqua. Le mete più frequenti erano Gerusalemme, Santiago dei Compostela, e soprattutto le tombe degli Apostoli e dei Martiri a Roma. I pellegrini mendicavano il pane di porta in porta e riposavano negli ospizi attrezzati per loro, dove ve ne erano. Rocco è uno di questi pellegrini: inizia la sua avventura spirituale avviandosi verso Roma, passando attraverso la Liguria e la Toscana; si ricorda presente ad Acquapendente in quell'ospedale dove si prende cura degli appestati compiendovi molti miracoli.

14 ottobre 2012

Rocco come Francesco





Ben presto, sia per decoro di famiglia che per doti personali, Rocco potrebbe accedere ai più alti gradi di potere nella sua città; non gli manca nulla: gioventù, cultura, ricchezza, nobiltà. Ma Rocco ha una sete di assoluto, di infinito, che nulla riesce ad appagare se non Dio; perciò si fa terziario francescano, impegnandosi a vivere i voti di povertà, castità, obbedienza. Senza esitazioni distribuisce tutte le sue sostanze ai poveri e lascia a uno zio paterno i beni che non può alienare subito, la dignità, i privilegi. Ora, povero e sconosciuto, Rocco diviene pellegrino di Dio.

13 ottobre 2012

Nascita e infanzia





Montpellier, nella Gallia Narbonese, è una delle città più antiche e caratteristiche della Francia meridionale. La tradizione di una fede viva e profonda era radicata nel popolo e nella nobiltà. Tra le famiglie più in vista per ricchezza e integrità di costumi è a Montpellier la famiglia Rog; l'ultimo discendente Giovanni, e sua moglie Liberia, non avendo eredi, vivono nell'amarezza di vedere finire quel loro mondo; entrambi rafforzano la loro preghiera nella speranza che il Signore voglia concedere loro un bambino. Tra il 1348-1350 un bimbo, Rocco, viene ad allietare la vita dei due maturi coniugi. Il bambino viene educato ed istruito dai migliori insegnanti del tempo, il babbo e la mamma curano la crescita del suo spirito. In quel figlio tanto desiderato, i genitori profondono tutte le loro ricchezze morali e spirituali; infine, compiuta la loro missione, Dio li chiama a sé. Rocco ha circa vent'anni.

12 ottobre 2012

UMBRIA, Perugia, Foligno





FESTA:
TITOLO:
OPERA:
LUOGO: Chiesa di S. Maria Infraportas

BASILICATA, Potenza, Campomaggiore





FESTA: 17 agosto
TITOLO:
OPERA:
LUOGO:

CALABRIA, Catanzaro, S. Sostene




FESTA: 16 agosto; II domenica di Settembre
TITOLO: compatrono
OPERA: Nicolò del Vecchio, 1817
LUOGO: Parrocchia di S. Maria del Monte

Dove è venerato in Italia?





La diffusione del culto è mondiale, grazie agli Ordini mendicanti che operarono un po’ ovunque ne diffusero il culto.

In modo i Francescani hanno la paternità del culto del santo in quanto lo ritengono appartenente al Terz’Ordine secolare.
All'azione dei religiosi francescani è dovuta la diffusione del culto sia su richiesta della Corte del Regno delle Due Sicilie (alcuni Borboni furono guariti per intercessione di San Rocco) che per mandato di Pontefici provenienti dall'Ordine dei Frati Minori.

Tutto ciò spiega la diffusione capillare del Santo in tutto il centro e sud Italia. Nel nord Italia il culto pur essendo diffuso – se pur non in modo capillare – non ha lo stesso riscontro che nel resto d’Italia.

Nella zona di Montpellier il suo culto arrivò dopo (si ne ha memoria nel 1505), per propagazione dal nord della Francia dove era stato diffuso a seguito dello zelo di una famiglia di commercianti germanico-veneziani.

Abbiamo detto che gli Ordini mendicanti hanno il merito della diffusione del culto, oltre ai Francescani di cui si è parlato:
i Domenicani (edificarono la prima cappella convento "dei Giacobini", del centro storico di Montpellier, tuttora esistente)
i Trinitari (da Arles, dove si custodivano le reliquie di san Rocco di Autun; in seguito edificarono una casa religiosa a Montpellier dove giunse la reliquia di una tibia del Santo; a loro si deve la guida alla processione del 15 agosto che si recava alla casa del Santo per cantarvi l'inno Ave Roche; dopo le soppressioni degli Ordini religiosi la loro chiesa fu riconsacrata nel 1830 come parrocchia-santuario di San Rocco, ed è tuttora esistente).

In Italia il culto del Santo è un po’ ovunque.
Tra i Santuari ricordiamo quello di Sarmato (PC); di Dovera (CR); di Tolve (PZ); di Torrepaduli (LE); di Sutera (CL); di Voghera (PV); di Venezia e molti altri. Molte comunità parrocchiali e cittadine lo venerano come patrono e compatrono.
Pian piano cercheremo di immettere nel Blog tutti i luoghi di culto con le rispettive iconografie del Santo.

Come è raffigurato?





Nella schiera dei Santi e dei Beati, San Rocco spicca per gli attributi inconfondibili che connotano la sua vita di apostolato tra i malati: il cane, il pane, il bastone, l'Angelo, la zucca, il sanrocchino, la conchiglia, la piaga, la tavoletta e meno frequentemente la Corona del Rosario, la Croce rossa, la Corona e il Libro.

Il cane fu per il Taumaturgo il segno tangibile della Provvidenza Divina che lo soccorreva nelle condizioni di bisogno estremo. È simbolo della sua fedeltà alla chiamata divina e della fedeltà di Dio verso i suoi figli.

Il pane fu il sostegno nella famosa pausa a Piacenza, dove il Santo si isolò perché malato. Un cane gli portava l’alimento, prelevandolo dalla mensa del suo padrone Gottardo. È il simbolo dell’Eucarestia, sostegno nel cammino della vita.

Il bastone richiama le marce lunghissime del pellegrino, con cui esercitò la carità in maniera insigne ed eroica, lenendo piaghe fisiche e morali, asciugando lacrime e consolando il dolore degli uomini. È simbolo del pellegrinaggio della vita, un cammino verso l’Eterno.

L'Angelo Celeste è l'anello che congiunge l'esperienza terrena del Santo alla presenza Divina che infonde coraggio, specie nei momenti di sofferenza solitarie e di umana ingratitudine. È simbolo della presenza Divina, che accompagna i passi del quotidiano.

La zucca (e la borraccia) richiama ancora una volta il pellegrinaggio, custodiva l’acqua per lenire l’arsura nel cammino. È simbolo della sete del divino che c’è in ogni uomo.

Il sanrocchino è sempre un abito legato al pellegrinaggio, mantello corto di tela, che serviva a proteggere dalle intemperie. È simbolo della protezione divina e del senso della come pellegrinaggio verso l’Eterno.

La conchiglia ricorda il pellegrinaggio a Santiago. Ogni pellegrino che si recava in Galizia prelevava la conchiglia dalle spiagge, come segno dell’avvenuto pellegrinaggio. È simbolo della perseveranza: la vita di fede è per il discepolo è un cammino di fedeltà rinnovabile nelle cadute.

La piaga ricorda il morbo della peste che il Santo contrae nei pressi di Piacenza. La carità non è un donarsi con parsimonia, ma totalmente, fino al dono totale di se. È simbolo della carità cristiana.

La tavoletta fa memoria della scena agiografica in cui si racconta della grazia chiesta nel momento della morte da San Rocco: Il Signore accoglie la preghiera sincera dei suoi figli: Rocco anche in morte si mostra uomo di Carità. È simbolo della comunione dei Santi e quindi della preghiera di intercessione.

La Corona del Rosario, presente solo in alcune icone del Santo, ricorda la sua vita di preghiera: preghiera del Rosario che nasce proprio nel periodo storico in cui visse Rocco di Montpellier. È simbolo della preghiera cristiana semplice e quotidiana.

La “Croce rossa”, presente solo in alcune immagini del Pellegrino francese, ricorda la voglia a forma di croce che aveva sul petto fin dalla nascita. È simbolo della predilezione divina ad essere Apostolo di Carità.

La Corona, presente in modo particolare in un dipinto di Pietramelara (CE), ricorda, secondo la tradizione, l’origine nobile del Santo. È simbolo della corona di gloria che va conquistata in Cristo attraverso le opere della fede e della carità.

Il Libro, presente in modo particolare nella statua di San Sostene (CZ), ricorda la capacità del Santo di mettersi alla scuola di Cristo, il Gesù dei Vangeli. È simbolo della sequela cristiana, che attinge la sua Verità nella Sacra Scrittura.

La Pisside, presente in modo particolare nel simulacro di Trappeto Etneo (CT), ricorda la presenza del Signore che accompagna il pellegrinare del Santo. È simbolo che richiama alla presenza eucaristica quale fonte da cui scaturisce sempre la carità: ogni nostra S. Comunione deve essere fonte e scaturigine di amore gratuito.

Ci sono poi altri simboli iconografici, ma che hanno una rilevanza relativa come: malati, borsa da viaggio, e cappello parasole. Essi richiamano nel loro insieme l’apostolato pellegrinante, caritativo e consolatorio di San Rocco.

In viaggio ...




San Rocco, un culto che da dopo il Concilio di Costanza, ha spopolato in tutta Europa e da qui nel mondo intero.

In Italia il culto del Santo pellegrino ha una connotazione storica e popolare.
Molti comuni e frazioni lo venerano con solenni riti che celebrano la memoria liturgica del 16 agosto, ma anche in altre date durante l’anno a ricordo di ex voto o di miracoli operati dal santo di Montpellier.

Ma dove incontrare segni storici della presenza del Santo in Italia?
Molti sono i percorsi.
Secondo gli agiografi egli morì a Voghera, o forse lì arrivo il corpo, perché venduto o trafugato da Montpellier.

Si potrebbe da qui partire visitando la Chiesa parrocchiale di San Rocco dove anticamente era custodito il sacro corpo ed ove ora è venerato il suo santo braccio. Poi proseguire verso nord e fare tappa a  Sarmato (PC): qui la piccola chiesa sopra la grotta del santo e la fonte.
Sarmato è il luogo dove il Santo si ricoverò a causa del contagio della peste. Luogo della malattia e dell'incontro col cane.
A tal proposito, molte canzoni popolari ricordano che a Piacenza il Santo visse la prova della fede. Così infatti cantano a S. Sostene:

In Piacenza Iddio per prova
nella coscia dal contagio ma
si attacco col tuo visaggio
perché il mondo sia protetto

A Sarmato ha sede l'Associazione Nazionale San Rocco Italia. Dopo Sarmato, il cammino può giungere a Dovera (CR), dove c’è un piccolo e delizioso santuario.
Il santuario sorse, secondo la tradizione, nel 1524 a seguito di un evento miracoloso che ebbe come protagonista il mugnaio Ambrogio de Bretis (o Beretta) il quale, a seguito di visione in sogno di san Rocco, fu risanato dalla peste.

Il santo avrebbe richiesto l'edificazione di una chiesa promettendo grazie e protezione.

Di fronte allo scetticismo dei compaesani il santo diede un segno-prova infilando sotto la pelle della mano di Ambrogio una corniola.

Nello stesso anno 1524 il vescovo di Pavia, che a quei tempi aveva giurisdizione anche su queste terre, concedette alla scuola dei Disciplini l'approvazione di uno statuto e all'edificazione della chiesa. Vi fu anche un intervento di papa Clemente VII che conferì al santuario speciali privilegi.

L'edificio era già costruito nel 1545 quando venne affidata a Callisto Piazza la decorazione interna.

Risale all'anno 1752 la costruzione a cavallo della roggia Chignola Vecchia di una sagrestia.

Nel 1868 il governò italiano decretò l'esproprio di tutti i benefici legati al santuario.

Dopo la visita al Santuario di Dovera il devoto di San Rocco giunge a Venezia: qui il corpo del Santo di Montpellier è giunto nel 1485.
Il 13 marzo il Patriarca Maffeo Girardi comunicò al Consiglio dei Dieci l'avvenuta traslazione delle reliquie (da Voghera) e certificò la loro autenticità.

Ecco concluso un piccolo itinerario storico sulle tracce di San Rocco in Italia.

San Rocco de la Croix





“Ognuno - ha affermato il Papa, all’udienza generale di mercoledì 26 agosto 2010 - dovrebbe avere qualche santo che gli sia familiare, per sentirlo vicino con la preghiera e l’intercessione, ma anche per imitarlo. Siate certi che diventeranno buone guide per amare ancora di più il Signore e validi aiuti per la vostra crescita umana e cristiana”.
“Come sapete – ha continuato –, anch’io sono legato in modo speciale ad alcune figure di Santi: tra queste, oltre a san Giuseppe e san Benedetto dei quali porto il nome, e ad altri, c’è sant’Agostino, che ho avuto il grande dono di conoscere, per così dire, da vicino attraverso lo studio e la preghiera e che è diventato un buon ‘compagno di viaggio’ nella mia vita e nel mio ministero”.

Ognuno di noi ha i sui “compagni di viaggio”!

Se penso alla mia vita, il Signore mi ha dato come “accompagnatore” nel cammino della vita, il santo Pellegrino di Montpellier. Lui è stato un vero viaggiatore, un giovane come altri del suo tempo (nato nel 1348-1350 e morto nel 1376-79). Come ogni giovane sarà arrivato all’età delle domande esistenziali: “Chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Cosa devo fare della mia esistenza? A cosa sono chiamato, per non sciupare malamente i talenti che il Signore mi ha donato e per farli fruttare in modo positivo?”. Da qui le scelte di povertà evangelica, sulla scia del francescanesimo nascente, e la decisone di farsi pellegrino e si mettersi in marcia verso Roma.

Un viaggio del cuore! Nel suo cuore, ma anche nel cuore di ogni uomo che incontrerà, facendosi pellegrino di Misericordia. In lui si rende viva la parabola evangelica del Buon Samaritano.
Questo suo viaggio diventa, non un caso, oppure un gesto tipico del suo tempo (riscoperto nella nostra epoca!), ma il compimento del suo destino.

Guardare la santità, significa ricordarsi che “Gesù è venuto a comunicarci che non siamo fatti solo di terra, siamo fatti anche di Cielo”. (Mons. Francesco Lambiasi).